Una giornata come le altre. Come tutte le altre.

Ti svegli la mattina e sai già quello che ti aspetta.

Il freddo che incontri non appena poggi i piedi sul pavimento, i primi lunghissimi secondi di dormiveglia, e poi il caffè che non sale e la caldaia che non parte, con Gennaio là fuori che comanda e non ne vuole sapere di abdicare, perché i giorni della merla devono ancora dire la loro e hanno voglia di divertirsi.

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A voi che continuate a guardarmi scuotendo la testa, voglio raccontare una storia.

Sono nato quando il sole ha capito che non avrebbe potuto splendere per sempre.

Ho aperto gli occhi mentre le strade si riempivano di ombra, con le foglie degli alberi pronte a staccarsi da un giorno all’altro, con le nuvole che mangiavano il cielo senza saziarsi mai.

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Una sala d’aspetto silenziosa e quasi asettica, quattro poltroncine che circondano un tavolino invaso da riviste che nessuna ha voglia di leggere, quadri in bianco e nero appesi alle pareti, dalle finestre appena lucidate si intravede un cielo che non promette nulla di buono, sta per piovere e come sempre Varese affogherà in un mare di buche e file ai semafori, sempre troppo rossi per chi è nato con la fretta dentro il corpo.

Me ne sto seduto, la mia mente cerca di farfugliare qualcosa quando la segretaria, una donna sulla quarantina piccola e minuta, interrompe i miei pensieri.

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C’è tutto il tempo per riposare

La Punto ci impiega sempre un po’ ad accendersi, saranno i primi freddi? Che mal di schiena, ore e ore sull’impalcatura a prendere le spinte del vento che sembra faccia di tutto per farti cadere, dieci ore e in mezzo una pausa dove ci si abbuffa di pasta cucinata dalla moglie, che poi senti al telefono per sapere se Mattia ha passato indenne l’interrogazione di latino.

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Quando il freddo ti gela l’anima

Ho scritto una poesia su un vecchio muro, “Vivi cercando il fondo e ringrazia chi ti ha preso il futuro”

Un ambulante vende sogni mezzi rotti ai bordi della via, ne ho comprati un paio ma senza garanzia!”

 

Il mio nome è Vittorio e la mia casa si chiama strada. Giro per Varese lentamente, non ho bisogno di stare al passo con quelli che tutti i giorni si dannano l’anima, anche perché nessuno mi aspetta.

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